Chi è allevatore nasce allevatore- Anonimo

“Chi è allevatore nasce allevatore. Si tratta di un raro gene recessivo, misterioso, che compare repentinamente in un bambino all’interno di una famiglia dove spesso nessuno lo possiede.
Le prime avvisaglie arrivano presto, il giorno in cui il bambino interrompe un allegro pranzo familiare con l’insolita richiesta: “VOGLIO UN CUCCIOLO”.
È così che comincia il calvario dei genitori del protoallevatore.
Il prima possibile i genitori lo portano in uno splendido negozio di giocattoli dove lo invitano a scegliere cosa vuole: una bicicletta, una play station, una macchinina radiocomandata piena di lucette e beep beep.
“VOGLIO UN CUCCIOLO”.
Il bambino si accaparra la macchinina e molti altri doni, i genitori sperano che ad un certo punto si dimentichi del cucciolo… Macchè.
Allora viene la volta della tartaruga, del canarino, dei pesciolini tropicali, del criceto e perfino del coniglio nano. Niente da fare: nulla e nessuno soddisfa il desiderio del protoallevatore, che viene dal profondo dell’anima, con un’intensità che spaventa tutta la famiglia. Se è fortunato, il bambino potrà avere il suo cucciolo. Se non lo è dovrà aspettare d’essere cresciuto.
Allora, finalmente libero dalle pastoie della famiglia,comincia ad interessarsi all’allevamento. Arriva la sua prima cagna. L’adrenalina del primo parto, la cura per i cuccioli, la paura del parvovirus e di tante altre malattie. E spaventato l’allevatore decide: “li vendo tutti”.
I cuccioli crescono, cominciano a riconoscere il padrone, muovono la coda… ed è fatta!
Dopo  pochi giorni la decisione inizia ad essere poco sicura. E poco dopo è differente: “Le femmine non le posso dar via, solo i maschi!”.
E qui comincia il suo lungo percorso di allevatore nel mondo della cinofilia.
Da questo momento passa la vita cambiando giornali, vegliando con le cagne vicine al parto, somministrando medicine ai cuccioli più deboli.
L’allevatore si allontana dal mondo degli uomini e arriva anche ad ammettere: “Non mi piace la gente”.
I programmi tipici di un allevatore sono le visite alle cucciolate di altri allevatori, consegnare cuccioli in aeroporto, andare ad esposizioni o stare ore al telefono o su internet per parlare con altri amici allevatori… di cani e soprattutto di cuccioli.
Anche gli acquisti di un allevatore sono diversi a quelli di un essere umano normale: shampoo, creme, spray antistatici, oli essenziali, gabbie, recinti… tutto per i suoi cani.
Se qualche conoscente viaggia all’estero e ha la malaugurata idea di chiedere all’allevatore: “Serve qualcosa?” riceve le richieste più impensabili: “Forbici, macchine tosatrici, pettini”…
La casa dell’allevatore è tutta bollata, piena di reti e barriere, con porte e finestre che sfoggiano strane protezioni. Spesso l’arredamento è composto anche da gabbie e cucce disseminate nel salotto e in tutte le stanze stanze.
Tanto all’allevatore non interessa, e siccome gli amici che gli fanno visita sono anche loro allevatori, nessuno ci fa caso.
Nemmeno la macchina dell’allevatore può essere come quella di tutti gli altri. Di preferenza sarà un furgoncino abbastanza grande da ospitare i cani e tutte le cose indispensabili per un giorno di esposizione, oppure una macchina piccola a cui però sono stati tolti i sedili per i passeggeri, che non sono poi tanto importanti, mentre lo spazio è indispensabile.
Il coniuge di un allevatore deve essere per forza allevatore anche lui, oppure un santo. Se le cose non stanno così il matrimonio può incappare in problemi seri nel momento in cui, nel bel mezzo di una discussione, il non allevatore dà l’utlimatum: “O ME O I CANI!”… perché l’allevatore sceglierà sempre i cani.
La vecchiaia di un allevatore è sempre piena di preoccupazioni: “Morirò, chi si preoccuperà dei miei cani?”
Allora decide di abbandonare l’allevamento, e prega perché tutti i suoi cani muoiano prima di lui. Però il cuore non regge all’astinenza ed ecco che arriva un nuovo cucciolo di cui occuparsi. L’allevatore si convince generalmente per la promessa di qualcuno che gli assicura che si occuperà del cucciolo in caso dovesse morire.
E siccome essere allevatori è “sofferenza nel Paradiso”, credo che il buon Dio nella sua infinita misericordia e sapienza eterna debba per forza aver disegnato un cielo speciale per gli allevatori, perché lì finalmente possano vivere felici e sereni insieme a tutti i loro cani.
Ma siccome molta tranquillità alla fine risulta un po’ noiosa, l’allevatore di sicuro dopo poco sentirà nostalgia del mondo degli uomini, e gli verrà voglia di ricominciare tutto un’altra volta…”
(ANONIMO)

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